Domenica 14 marzo 2010, sole e cielo terso nella migliore tradizione valdostana: parrebbe che Liguria, Piemonte e soprattutto Lombardia si siano riversate nella Pétite Patrie, in massima parte alla volta dei suoi impianti sciistici…
Le possenti code che si snodano sui tornanti della Valle del Marmore, oltre a snervarmi per il tempo sprecato in automobile quando intorno a me si aprono valli e si elevano vette!, nascondono il bivio per la piccola Cheneil. Ce ne accorgiamo quando ormai siamo ai margini di Singlin, così occorre una drastica inversione ed un rapido rientro nella trafficatissima Valtournenche. La bella Cheneil, ancora una volta, ci accoglie dopo la ripidissima e breve salita iniziale: le vetture non raggiungono il paesino placidamente adagiato nella sua piana colma di neve, a quota 2105 metri. Ricordo le parole di Ugo Torra ne La Valtornenche. Le sue antichità, risalente al 1973. L’ampia verde conca può essere definita una delle plaghe valdostane maggiormente favorite dalla natura, ben soleggiata, posta alle falde di un imponente anfiteatro di monti: la Becca d’Aran, la Rosetta, il Grande e il Piccolo Tornalin. Difficile non concordare. La salita da Cheneil ci porta dapprima verso sud, al Colle di Fontana Fredda, cui sale una frequentata seggiovia da Chamois. Volgiamo a destra e quindi, lungo la bella e sinuosa cresta nevosa, raggiungiamo i 2512 metri della Punta di Fontana Fredda, o Freida, come dicono qui. Il panorama, semplicemente stupendo, offre ad oriente ed a sudest una possente teoria di grandi vette, ed ancora una volta ognuna di loro rappresenta una messe di ricordi, un momento di gioia e di ritorno al passato, la promessa di un nuovo ritorno. Il Grand Dent, che da Chamois pare proprio una nera zanna scagliata contro la dorsale spartiacque; il Tantané a chiudere là a sud la visuale.
In primo piano spicca la Punta di Falinère, 2762 metri, che ancora non ho avuto il privilegio di conoscere: ci osserviamo reciprocamente, muti, e forse è nato qualcosa…
La cresta è breve ma, in pochissimi tratti, esposta a sud: le mie vecchie ciaspe, ormai, non fanno quasi presa sui tratti angolati. Pranziamo al Santuario della Clavalité, costruito nel 1974 da Amato Gorret (omonimo del celebre Abbé Gorret, l’Orso della Montagna) e votato a San Domenico Savio; da qui, la vista sul Cervino è stupenda. Piccole lame traslucide di ghiaccio pendono dalla grondaia, mentre ancora indugio ad ammirare la Falinère; è solo mezzogiorno e torme di escursionisti e scialpinisti in risalita punteggiano ora gli ampi pendii sul versante di Cheneil, a nord ed in basso. Il sole a picco rende quasi incerta la visuale a livello del suolo, le figurette nere sbiadiscono, tremolano, riprendono consistenza e passo.
Solo le grandi vette, appena carezzate da aneliti di vento e da soffi di neve, restano impassibili.
Marco www.varasc.it
Concordo pienamente… Nel nostro caso, una Coca ghiacciata.
Inoltre, mi sono innamorato della Falinère..!
Bellissima gita, anche con sci e pelli.Fino al colle adatta anche a principianti. Per tutta la gita si è ripagati dal panorama splendido sul Cervino e le Grands Murailles.
Piacevole una sosta a Cheneil per una birra a fine gita.