Domenica 7 febbraio 2010, giornata di sole a lungo attesa, benedetta da quella giusta ed ineffabile combinazione di clima fresco e neve fresca che rende più forte e feroce il piacere di tornare in montagna.
Domenica contraddistinta anche da un elevato rischio di valanghe, nonché da un numero abnorme di sciatori ed escursionisti che purtroppo porterà a ben nove vittime in tutta Italia: la mattina inizia in coda a Pont-Saint-Martin e quindi a Bard, tra la mia incredulità e la serena, distaccata assenza di interesse di un sapiente contadino al lavoro nella propria vigna, a pochi centimetri dal mio cofano.
Giornata di sole e di pensieri remoti e purtroppo tristi, che da vari punti nello spazio e nel tempo richiamano silenziosi la mia attenzione, quasi a voler ricordare che la realtà della piana, là sotto da dove tutti veniamo, è molto più grama e nera di questo paradiso antico.
Il Pian di Verra, al disopra di Saint Jacques, di Blanchard e di Fiery, è una delle mete più note e ritratte della Val d’Ayas: insieme allo storico e sospeso ponticello lungo la cresta per il rifugio Quintino Sella al Felik, l’ampio pianoro al cospetto dei due Dioscuri e della Schwarztor o Porta Nera contende il primato di reiterazioni sistematiche nella sezione Le vostre fotografie, empaticamente aperta – a grande richiesta – nel 2005 all’interno del mio sito, Varasc.it.
Ritornare quassù, dopo tante ed infinite salite, dopo tanti passaggi alla volta degli amati rifugi Mezzalama e Guide d’Ayas al Lambronecca, è un insieme di antiche emozioni e nuove scoperte. Volti di amici e ragazze, ricordi allegri e tristi, le corse della mia amata Tracey, tempo lontano e vicino, ogni stagione; una terra antica, corteggiata, amata, rimpianta, sempre ritrovata.
Ma sono anche qui, ora ed oggi, hic et nunc. Ne calpesto la neve intonsa e completo un passo intero prima che essa ricada a terra. Ammiro le vette che ho salito e che conosco bene, i grandi Quattromila sul confine elvetico, il sole bacia ogni mio movimento; ricordo ogni angolo, ogni sentiero ed ogni luogo privo di sentieri che ho percorso quassù. Resy, la bella, attende.
Resy è un piccolo paese, o hameau, originariamente costruito dal popolo Walser che colonizzò nei secoli passati la zona superiore di Ayas, il cosiddetto Canton des Allemands, prima di integrarsi sempre più e confondersi infine nel tessuto sociale francoprovenzale tuttora dominante.
Consta di ben due rifugi – Guide Frachey e Ferraro – e di un panorama invidiabile sull’alta Ayas, ma non sui ghiacciai alle sue spalle, abbarbicata com’è sulla spalla glaciale ai piedi del suo poderoso Palon.
Neve e sole, le grandi vette verso sud: un ritorno eterno, una partenza sempre dolorosa.
Testo e foto di Marco
www.varasc.it
Buon pomeriggio, Gualtiero,
grazie per il tuo commento. In effetti è una terra magica, bellissima, in cui perdersi. Io la conosco da quando sono venuto al mondo, e tuttavia, c’è sempre qualcosa di nuovo che mi sorprende. E’ bella in ogni stagione.
M.
Complimenti bella gita! Ho frequentato questi luoghi sia d’ estate, per alpinismo e ricerca mineralogica, e d’ inverno per sci e sci alpinismo negli anni in cui non esistevano tutti questi impianti di risalita.
Bei posti e splendidi panorami.
Mi hai fatto venir voglia di tornare in Ayas.